venerdì 24 ottobre 2014

La Spagna, l’illusione della flessibilità creativa e il debito pubblico


FRESIELLO DA VALENCIA: La Spagna, l’illusione della flessibilità creativa e il debito pubblico

Ci pregiamo ancora una volta di ospitare il mitico Fresiello da Valencia
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Egli ci aggiorna raccontandoci direttamente ( dalla pancia del paese ) su come stanno le cose oggi nella Spagna di Rajoy; saprà sicuramente introdurci in un mondo che, visto dal suo osservatorio speciale, ci apparirà esattamente per come esso è nella realtà e non per come ce lo raccontano.
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A proposito della Spagna, delle sue pesanti riforme del lavoro in senso di maggiore flessibilitá e di una ipotetica crescita (peraltro sostenuta dall’enorme déficit pubblico che all’Italia è categoricamente vietato di disporre). È curioso notare come, vista da vicino, la situazione sia molto diversa da quella che traspare dai media, anche se ormai dovremmo aver compreso un pó tutti l’entità dell’opera di disinformazione/omissione (vuoi per paura di perdere il posto di lavoro, vuoi per malafede) che quotidianamente i media concorrono a relizzare.
In pratica, oltre alle file lunghissime di disoccupati davanti ai centri per l’impiego, in Spagna ci sono molte proteste locali. La motivazione di tutto ciò sta nel fatto che le riforme di precarizzazione (flessibilità la chiamano gli illuminati dell’economia) non hanno fatto altro che spezzettare e polverizzare la contrattazione, e quindi di conseguenza anche le relative problematiche, in una logica di indebolimento del potere contrattuale dei lavoratori. Più piccola è la protesta, meno risultati si riescono ad ottenere attraverso essa.
In particolare mi preme raccontare la protesta dell’azienda di trasporto cittadino di Valencia per giungere ad un discorso più ampio relativo al debito pubblico e allo stato.

lunedì 13 ottobre 2014

LORO HANNO BISOGNO DI CRISI


« Non dobbiamo sorprenderci che l’Europa abbia bisogno di crisi, e di gravi crisi, per fare passi avanti.
I passi avanti dell’Europa sono per definizione cessioni di parti delle sovranità nazionali a un livello comunitario.
…È chiaro che il potere politico, ma anche il senso di appartenenza dei cittadini a una collettività nazionale, possono essere pronti a queste cessioni solo quando il costo politico e psicologico del non farle diventa superiore al costo del farle perché c’è una crisi in atto, visibile, conclamata. »
Mario Monti

Dalla franchezza di questa dichiarazione si evince, senza nessuno sforzo, il metodo con il quale “qualcuno” ha DECISO di procedere verso il mutamento radicale della nostra società, obbligandoci ad accettarne le conseguenze.

mercoledì 8 ottobre 2014

"Tfr, tutti lì a fare i conti con i soldi dei lavoratori"

Tratto da: http://www.controlacrisi.org

Nell'immaginario collettivo, gli 80 euro in busta paga sono stati una iniziativa concreta del Governo Renzi per dare impulso ai consumi e permettere alle famiglie medie di non affogare nel mare melmatico della crisi

Ma gli 80 euro non sono stati un regalo, ce lo stiamo pagando con i contratti bloccati e non rinnovati, con l'aumento delle tasse, con la sicura restituzione a fine anno, quando arriverà il conguaglio per i tanti che avranno superato di poche decine di euro la soglia prevista per il bonus e saranno obbligati alla restiituzione. E attenzione non stiamo parlando di mega stipendi ma di insegnanti e di livelli medi della pubblica amministrazione non certo beneficiari di lauti compensi

http://static.controlacrisi.org/images/auto/64/6455144dea24e3fc3b5336cc8e4dd5882ae4c8b2ffaa82ab94136429.jpgMolti poi sono poi gli esclusi dal bonus di 80 euro e pensiamo alle migliaia di precari e non che non arrivano a 8 mila euro annui, alle partite iva di chi è costretto a trasformarsi in lavoratore autonomo anche se è un dipendente a tutti gli effetti (la parabola del lavoro autonomo di seconda generazione è terminata con la trasformazione dell'autonomo in lavoratore dipendente, un palese sfruttamento per pochi euro all'ora dell'autonomo che se la deve vedere poi con le cartelle esattoriali di equitalia)

Gli 80 euro poi non sono finiti ai pensionati molti dei quali hanno assegni previdenziali al di sotto della soglia di povertà e quando il loro assegno è adeguato al costo della vita (sempre meno) funge da ammortizzatore sociale per figli e familiari disoccupati e senza ammortizzatori sociali o altre fonte di reddito.

Ora arriva l'ennesima menzogna, quella del tfr in busta paga.

Un guadagno per i lavoratori e le lavoratrici? Una rimessa, a guadagnarci saranno sempre e solo le imprese e le banche. Infatti, il tfr è del lavoratore, presto o tardi sarà pagato, quindi il Governo anticipa soldi nostri, soldi che sarebbero comunque arrivati al lavoratore, spesso anche con tassazione favorevole (qui sarebbe opportuno un calcolo che ormai i centri studi sindacali non vogliono piu' fare).

Per anni ci hanno raccontato che investire il Tfr nei fondi previdenziali era conveniente ma i fatti dimostrano l'esatto contrario perchè il tfr è una forma previdenziale a costi di gestione zero, un accantonamento che garantisce il potere d’acquisto. ogni mese la quota accantonata è rivalutata all’1,5 per cento, più il 75 per cento dell’inflazione. Questo valore viene tassato all’11 per cento, meno dei titoli di stato tassati al 12,5%. Come è possibile dimenticare quei sindacalisti di Cgil Cisl Uil trasformatisi per anni in piazzisti dei fondi pensione? Alla fine non hanno mosso un dito per arrestare l'aumento della eta' pensionabile, non un dito per salvaguardare il potere di acquisto dei salari, completamente assorbiti nel loro ruolo che orami è ben altro dalla difesa dei lavoratori.

Il tfr in busta paga non quindi è una soluzione? La risposta è negativa, infatti anche dal punto di vista capitalistico è una rimessa, del resto non aiuta le imprese toglie loro liquidità , rende le imprese ostaggio delle banche pronte ad accordare prestiti a tassi non certo favorevoli (quando scrivevamo che ormai il Pd era il partito di riferimento degli speculatori bancari e finanziari ci hanno accusato di estremismo. Il tfr in busta paga poi rischia di creare il deficit dell'Inps (e a guadagnarci sarebbe solo la previdenza integrativa e gli interessi finanziari che da anni portano avanti una campagna contro la previdenza pubblica).
Il tfr in busta paga non conviene ai lavoratori e non rilancia il paese, è l'ennesimo escamotage del Governo per salvarsi.

*Cobas lavoro pubblico