mercoledì 29 agosto 2012

Volantino del 29 Agosto 2012


In risposta al volantino che la RSU ha diffuso Giovedì 23 Agosto con il quale tra l’altro si afferma che la Confederazione dei Cobas “ha scarsa conoscenza in materia sindacale e di accordi aziendali”, possiamo affermare che in effetti la capacità dei  delegati CGIL CISL UIL  sia in Whirlpool che a livello nazionale di proporre e firmare ACCORDI RICATTO come quello che andremo a votare il 31 Agosto è nettamente superiore alla nostra logica contrattuale da sempre indirizzata alla salvaguardia dei salari e soprattutto dei diritti acquisiti con dure lotte dentro e fuori le fabbriche.
La nostra RSU ancora una volta ci propone un desolante verbale di accordo  peggiorativo sia dal punto di vista economico/contrattuale ma soprattutto deleterio in materia do orario di lavoro (8 ore e 40 dentro la fabbrica) per 8 mesi all’anno e per i restanti 4 mesi estivi (i più difficili e pesanti per noi) un quarto d’ora da aggiungere all’orario di base dei doppi turni con la possibilità di ben 6 sabati per ogni turno. In compenso, come contropartita, avremo una sicura diminuzione del salario che, nella peggiore delle ipotesi, potrebbe subire una perdita di diversi punti di percentuale dovuti alla possibilità che gli enti statali competenti non eroghino i fondi per coprire parte dei Cds.
E’ importante ricordare, inoltre che l’azienda potrà intervenire sui giorni di Cds e sul personale  per situazioni particolari come aumenti dei volumi produttivi  o per specifiche esigenze organizzative, vanificando il miraggio di “rimanere a casa pagati”     per settimane alterne, (ricordiamoci cosa è accaduto nei mesi scorsi sui giorni di Cds puntualmente annullati o spostati).
Ancora una volta ci troviamo di fronte ad una RSU che usa la strategia di occultare i propri limiti in materia contrattuale, questa volta nascondendosi dietro un impianto accusatorio verso la nostra confederazione, ma   che  non attenua in alcun modo una evidente difficoltà dei nostri delegati in materia di proposte alternative che avrebbero dovuto presentare all’azienda,  in modo da permettere ai lavoratori/votanti di poter scegliere una valida proposta al verbale di accordo del 27 Luglio 2012 il quale, nel caso di voto favorevole, andrà senza dubbio a penalizzare ulteriormente una situazione lavorativa ed economica già molto difficile per tutti noi lavoratori in Whirlpool.
Quindi se i Cobas sono degli “ignoranti” in tema di materia contrattuale( come afferma la RSU nel volantino del 23 Agosto ) i nostri delegati sono ciechi da entrambi gli occhi perché non riescono a vedere, o non vogliono,l’evidenza di un CONTRATTO RICATTO che l’azienda Whirlpool ha ben studiato ed ha interesse a portare avanti, mentre per noi lavoratori potrebbe significare entrare in una nuova nuova fase di non ritorno.

sabato 18 agosto 2012

et voilà, gli accordi eccoli qua (uno però sarebbe un'ipotesi...)

Carissimi simpatizzanti di questo blog, vi pubblichiamo gli accordi (di cui uno è solo un'ipotesi e deve essere votato) che sono in vigore nello stabilimento di Siena per potervi dare una più completa informazione prima di andare al voto per il nuovo contratto di solidarietà che partirà ad ottobre; leggetevi attentamente ciò che i link riportano per farvi un'idea di cosa bolle in pentola e magari farvi "un'ipotesi di voto".
  1.  http://www.fim.cisl.it/contrattazione/decentrata/doc/070705Whirlpool.pdf
  2.  http://www.fim.cisl.it/public/files/111014%20Whirlpool%20Siena%20accordo.pdf
  3.  http://fiomsiena.files.wordpress.com/2012/07/accordo-orario-unico-whirlpool-27-luglio-2012.pdf

giovedì 9 agosto 2012

Burocrazia al servizio delle lobby

Questo è un blog di informazione sullo stabilimento Whirlpool di Siena ma anche più in generale sul mondo del lavoro. Tuttavia pubblichiamo anche delle notizie che sentiamo il bisogno di condividere, anche se apparentemente non hanno nulla a che fare col mondo del lavoro, ma che in realtà descrivono fatti e situazioni che mettono in pericolo i nostri diritti.

Addio sapori antichi: L'UE mette al bando le sementi tradizionali
In una sentenza del 12 Luglio, la Corte di Giustizia dell' Unione Europea, ha confermato il divieto di commercializzare sementi di varietà tradizionali che non siano state iscritte nel catalogo ufficiale europeo. E' la sconfitta delle associazioni volontarie impegnate nella salvaguardia della varietà delle piante antiche, l'unica alternativa che avevamo a sementi industriali ed OGM.

Le sementi tradizionali sono il risultato di millenni di selezione derivati dall’esperienza agricola umana, un tesoro che si è conservato nei secoli protetto dagli agricoltori; queste sementi riassumono in sé la memoria storica e biologica dell’agricoltura e racchiudono un patrimonio genetico molto vasto che determina la biodiversità dei prodotti agricoli. Dal 1998 però è in vigore una direttiva comunitaria europea che riserva la commercializzazione e lo scambio di sementi alle ditte sementiere vietandolo agli agricoltori, in questo modo ciò che i contadini hanno fatto per millenni è diventato improvvisamente un reato. L’intero mercato mondiale delle sementi è oggi quasi totalmente gestito da sette aziende multinazionali che detengono i brevetti e che si occupano contemporaneamente (e paradossalmente) della produzione di sementi, veleni per l’agricoltura e OGM. Come si è arrivato a questo? Considerando che l’iter per registrare un nuovo semente richiede circa 12-15 anni di lavoro e costare fino a 1 milione di euro, è semplice capire che parliamo di capitali di cui può disporre solo una grande azienda e non un piccolo agricoltore. Negli ultimi anni un progetto di recupero delle tradizioni culturali rurali, diverse associazioni di Seed Salvers (salvatore di semi) si erano impegnate nella salvaguardia della varietà delle piante antiche, salvandole dall’estinzione e coltivandole in orti su piccola scala. Il pregio di queste varietà di semi deriva dall’elevato valore nutritivo dei prodotti che producono e dal loro facile adattamento all’agricoltura eco-compatibile.

La sentenza del 12 luglio della Corte di Giustizia europea, arriva in risposta ad una controversia tra due imprese francesi, l’associazione no-profit Kokopelli e un produttore di sementi Graines Baumaux sas. La Graines Baumaux sas aveva denunciato la Kokopelli accusandola di commercializzare sementi non iscritte nei cataloghi ufficiali; le sementi in questione sono di varietà arcaiche. Inizialmente la Corte di Giustizia aveva sentenziato che: “L’assenza di una semente dal catalogo non è indice del fatto che non sia “buona”, perché le norme che ne regolano l’iscrizione non riguardano alla futura la salubrità delle piante, ma a logiche commerciali.” nel caso specifico la commercializzazione di varietà arcaiche rientrava nella deroga prevista dalla direttiva 2009/145/CE, assolvendo di fatto la Kokopelli. Ma il 12 Luglio, a seguito del ricorso della gigante Graines Baumaux sas  la Corte ribalta il verdetto e sancisce :‘’l’obbligo d’ iscrizione ufficiale di una varietà vegetale per la sua commercializzazione, così come previsto dalle direttive sementiere, non viola i principi del libero esercizio di un’attività economica e della libera circolazione delle merci, e nemmeno interferisce con gli impegni presi per la tutela delle risorse fitogenetiche.’’ La''Graines Baumaux'' ha chiesto ai giudici francesi di imporre a Kokopelli di pagare 100 mila euro per danni e inoltre – esplicitamente –''la cessazione di tutte le attività dell’associazione'', pericolosa per il business. La Corte europea ha motivato e giustificato il suo verdetto a favore della Graines Baumaux sostenendo che il divieto del commercio delle sementi antiche e tradizionali ha l’obbiettivo di ottenere ‘’una accresciuta produttività agricola’’ come se l’Europa fosse affollata di popolazioni malnutrite, bisognose di aumentare le loro rese alimentari.
Si dimostra soddisfatta l’Assosementi (associazione italiana dell'industria sementaria); di fatto però, non si può che prendere atto che con questa sentenza si mettono fuorilegge tutte le associazioni di volontari impegnati nel recupero delle varietà antiche e tradizionali – alcune anche Italiane – che commettono il ‘’crimine’’ di preservare e distribuire a chi le chiede sementi fuori del catalogo ufficiale.

A dire il vero, la Corte di Giustizia ha preso la sua decisione contrariamente al suo Avvocato Generale che, nella memoria depositata il 19 maggio precedente, rilevava che ‘’la registrazione obbligatoria di tutte le sementi nel catalogo ufficiale era una misura sproporzionata e violava i principi della libertà di esercizio dell’attività economica, della non-discriminazione e della libera circolazione delle merci’’. Violando praticamente uno dei tre dogmi del liberismo. La sconfitta Kokopelli, secondo questo principio si chiede: ‘’Perchè non esiste un registro ufficiale dei bulloni e delle viti? Forse perchè non c’è una Monsanto della minuteria metallica. Sottomettere le sementi ad una procedura del genere, che esiste ed è giustificata per i medicinali e i pesticidi, ha evidentemente il solo scopo di eliminare alla lunga le varietà di dominio pubblico, e quindi liberamente riproducibili, per lasciare in campo solo quelle brevettabili’’

articolo tratto da: net1news.com

mercoledì 1 agosto 2012

lettera di Federico Giusti dei Cobas di Pisa


È ormai dalla sconfitta dei 35 giorni di lotta in Fiat (ottobre 1980) che continua la lunga marcia dei padroni dell’industria metalmeccanica, nel segno della piena restaurazione del dominio assoluto dell’organizzazione del lavoro sugli operai, i loro diritti, la loro tutela dall’intensificazione dei ritmi produttivi, la loro libertà.

Stavolta, in tempi di rinnovo contrattuale, Federmeccanica, la loro associazione, ha pensato bene di proclamare che il contratto nazionale (CCNL) non deve contare più niente, per fare posto di fatto ai soli accordi aziendali.

Accordi aziendali, che tornerebbero fortemente a vantaggio dei padroni, com’è previsto dagli accordi interconfederali del 2009 (tra Confindustria e Cisl-Uil-Ugl) e del 28/6/2011 (tra Confindustria e Cgil-Cisl-Uil), i quali stabiliscono che direzione e sindacati possono accordarsi per rendere carta straccia i contratti nazionali, peggiorandoli a man bassa. Addirittura, l’art. 8 del decreto legge del 13/8/2011 prevede di fare aziendalmente carta straccia anche delle leggi.

Venendo a mancare il CCNL, è facile immaginare in quale regno della giungla si troverebbero i lavoratori delle aziende (circa il 75% del totale) in cui non c’è un barlume di contrattazione aziendale.

Ma se proprio il CCNL si deve rinnovare, sarà bene -dice Federmeccanica- che esso stabilisca:

* che non si parli più di applicare i salari previsti dal CCNL; * che siano cancellati gli automatismi dei passaggi di livello, quelli salariali relativi agli scatti di anzianità e ai passaggi temporanei di mansione; * niente salario per i primi 3 giorni di malattia, e salario legato alla presenza (non meglio precisato); * che l'orario di lavoro, i turni, i giorni lavorativi siano regolati dal criterio della massima flessibilità degli orari individuali e collettivi e da quello del massimo utilizzo degli impianti (24 ore al giorno per 7 giorni); * che le RSU non abbiano nessun ruolo nella definizione e contrattazione degli orari, compreso il sabato lavorativo e ogni tipo di straordinario, che deve diventare obbligatorio fino a 200/250 ore all'anno; * che l’accordo aziendale sia alternativo al CCNL e a quelle poche leggi che ancora tutelano chi lavora.

Ecco dove vogliono che gli operai sprofondino, dopo che hanno avuto mano libera per qualche decennio, e sempre più negli ultimi anni, dai sindacati bene attenti (per essere accettati a “corte”) a non organizzare una lotta adeguata a fare rispettare bisogni, diritti e dignità dei lavoratori.

Con la conseguenza che il modello Marchionne dalla Fiat si estenderebbe (e in buona parte si è già esteso) a tutta l’industria metalmeccanica, che rappresenta da sempre una sorta di fortezza per la resistenza operaia.

Cosa se ne fanno oggi i padroni della riduzione delle pause, dell’intensificazione dello sfruttamento del lavoro e dei ritmi lavorativi, di 24 ore di produzione al giorno per 7 giorni e di tutta la ferocia dei loro piani, se i volumi produttivi sono sempre al ribasso, se la cassa integrazione non accenna a diminuire, se la disoccupazione imperversa, se la riduzione del monte-salari globale è tale che solo la follia padronale del profitto potrebbe immaginare che sia all’ordine del giorno dei mercati un aumento vertiginoso della domanda di merci da soddisfare con un aumento altrettanto vertiginoso della produzione?

È chiaro che essi stanno approfittando della debolezza in cui si è venuto a trovare il mondo del lavoro dipendente (sopraffatto dalla loro gestione terroristica della crisi economica e dal sostegno dei partiti e dei governi loro amici e dei sindacati loro complici), per imporre nuove regole, basate su una concezione schiavistica del lavoro, con cui schiacciare oggi gli operai in modo tale da non fargli rialzare mai più la testa.

Questa strategia da anni si sta avvalendo della totale disponibilità di Fim/Cisl e Uilm/Uil a legittimare ogni diktat padronale, firmando contratti separati forcaioli (Pomigliano, e non solo, docet).

Così, il 23 luglio Federmeccanica s’è incontrata con loro per fare finta di iniziare la trattativa, mentre il 24 l’incontro è stato con la Fiom. Al momento non è dato sapere cosa si sia detto in questi incontri: segno, questo, che la democrazia sta riprendendo fiato!

La Fiom, nel frattempo, aveva proclamato scioperi, assemblee e presidi per il 23, più -com’è dato di capire- in segno di protesta per essere stata messa in seconda fila, che non per far valere le ragioni di un rinnovo di CCNL all’altezza delle esigenze operaie. E non è affatto chiaro cosa ne sarà della sua piattaforma rivendicativa, varata a Cervia nel settembre 2011 e approvata nelle fabbriche il mese successivo, che già conteneva elementi poco accettabili, tant’è vero che alla Piaggio di Pontedera quella piattaforma fu sonoramente bocciata dalle assemblee. Cosa che fu usata dalla segreteria nazionale per mettere in croce, su un volantino diffuso ai cancelli, i delegati Fiom che erano stati i promotori della bocciatura.

Ma come potere accettare perle, come la durata triennale, al posto di quella biennale, per la parte economica; la sospensione del diritto di sciopero durante le trattative; una implicita apertura al “salario d’ingresso” per i nuovi assunti; aumenti salariali, certo meno irrisori di quelli richiesti da Fim e Uilm, ma in ogni caso bene aldisotto di quanto fosse adeguato a rispondere alla rapina del caro-vita?

Intanto, la piattaforma fimmina-uilmina di quest’anno non ha niente da invidiare a quella di 3 anni fa: allegria!

In questa situazione, c’è da impedire con forza che si ripeta ciò che è successo col pacchetto Fornero, su cui la Fiom ha fatto tanto rumore per niente. E diventa necessario resistere, mandare al diavolo padroni e loro piani, rivendicare meno sfruttamento, riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, anzi con forti aumenti salariali uguali per tutti, più occupazione.



(Cobas Lavoro Privato – Pisa)